A.C. 1665
Signora Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, stamattina, il testo sull'autonomia differenziata inizia il suo iter nell'Aula della Camera. Per ironia della sorte, lo fa nella settimana in cui abbiamo ricordato la Resistenza e i suoi eroi, coloro che, come i sognatori del Risorgimento, i “ragazzi del ‘99” e intere generazioni, hanno sacrificato gli anni più belli e la vita stessa per la patria, per un'Italia una e indivisibile, così come recita la nostra Carta costituzionale all'articolo 5. I valori fondanti della Repubblica come l'uguaglianza e la solidarietà oggi sono minati da un testo superficiale e approssimativo, altro che riforma. È un testo che alimenta le diseguaglianze tra le varie aree del Paese, opportunamente definito “spacca Italia”, che fa venir meno anche il vincolo di solidarietà tra le regioni. Insomma, la parte più debole, più povera e meno sviluppata viene utilizzata come merce di scambio per tenere gli equilibri della maggioranza in modo da offrire praterie al testo sul premierato tanto caro a Fratelli d'Italia e al suo Premier.
I dati degli ultimi anni, ahimè, confermano che siamo in un piano inclinato: un Sud sempre più povero, sempre meno infrastrutturato, con percentuali elevatissime in ordine alla disoccupazione, alla disoccupazione femminile, al lavoro nero e sottopagato, dove languono i diritti fondamentali del cittadino. Scuola e sanità pubblica efficienti sono un miraggio e manca un trasporto pubblico locale degno di questo nome. Nella mia regione, la Sicilia, Presidente, il servizio pubblico di trasporto su gomma taglia migliaia di corse al giorno, lasciando i ragazzi che devono andare a scuola a casa: è una vergogna. Vi è pure un sud del Sud, quello cioè di un Sud a due velocità: è stato fotografato così nei dati dell'istruttoria delle zone economiche speciali. Per non parlare delle aree interne del Mezzogiorno dove i dati sono inequivocabili. Tuttavia, la ferita più profonda è quella del disastro della sanità pubblica: centri unici di prenotazione che non rispondono al telefono, liste d'attesa interminabili per le visite specialistiche, pronto soccorso presi d'assalto per ogni emergenza, emorragia di medici verso la sanità privata e carenza di medici. È questa la fotografia della sanità nel Mezzogiorno dove circa 4,5 milioni di persone rinunciano a curarsi proprio per le lungaggini delle liste d'attesa.
Ancora, un altro elemento preoccupante è il fatto che la quota della rinuncia alle prestazioni sanitarie cresce all'aumentare dell'età e, dunque, proprio quando ci sarebbe più bisogno di accedere alle prestazioni sanitarie. In pratica, un over 55 su dieci, rinuncia a curarsi. Tra le regioni il tristissimo primato va alla Sardegna, con quasi il 14 per cento.
In questo contesto, come abbiamo più volte evidenziato, fatto di necessità e bisogni, il centrodestra costruisce in modo spregiudicato il consenso elettorale, candidando, come accade in Sicilia, da ultimo, nelle varie competizioni elettorali, i componenti delle commissioni di invalidità civile, gli amministrativi delle direzioni sanitarie, distribuendo primariati e prebende, anziché garantendo una sanità a misura di cittadino. Più volte nel corso della legislatura abbiamo evidenziato l'inettitudine e l'inadeguatezza del Governo, ma sull'emergenza sanità, veramente, non abbiamo più aggettivi dispregiativi. Di fronte a un problema così drammatico e profondo serviva intraprendere un percorso di soluzioni concrete nel breve e nel medio periodo, serviva una concertazione con le regioni, gli enti locali, le associazioni di categoria, le università e gli ordini professionali, non solo, per individuare le risorse, ma, anche, per reperire e formare nuovi medici. Quanto è accaduto, invece, è incredibile: il Governo, non solo, non offre nessuna soluzione concreta per risolvere una situazione così drammatica, che afferisce alla cura e alla vita delle persone, ma, addirittura, mette in campo un intervento normativo per conclamare la divisione fra cittadini di serie A e cittadini di serie B, tra le regioni ricche e le regioni povere. È insopportabile quello che prevede il testo dell'autonomia differenziata e cioè il trasferimento delle risorse dalle regioni meno ricche a quelle più ricche.
Non va meglio nell'altra materia che subirà conseguenze devastanti per famiglie e territori, quella della scuola pubblica. In questo momento vi sono sgravi sperequazioni fra il Nord e il Sud del Paese, non solo, sul tempo pieno - si va dal 5 per cento in media del tempo pieno in Sicilia a oltre il 95 per cento delle scuole della provincia di Monza - ma anche sulla dispersione scolastica, con punte del 35 per cento in diversi comuni del Sud e con un dato inquietante sull'edilizia scolastica: il 60 per cento degli istituti del Sud non ha mense, non ha laboratori e manca persino delle licenze di abitabilità. La gran parte degli istituti scolastici nel Mezzogiorno, inoltre, non ha impianti sportivi annessi alle scuole dove praticare regolarmente l'attività sportiva.
In questo contesto sociale difficilissimo si annida la criminalità organizzata che, ahimè, cresce proporzionalmente nei territori dove è elevata la dispersione scolastica. Questo Governo ha già prodotto disastri con il dimensionamento scolastico, riducendo i presidi scolastici e, quindi, le formazioni sociali nelle aree interne e in quelle più marginali, ma con questo paventato intervento normativo colpisce anche pesantemente le tutele salariali di docenti e personale ATA.
L'unità nazionale avrebbe dovuto imporre ben altro tipo di intervento e non questa secessione sociale. Colpisce, poi, anche questa riluttante incapacità di ascolto, questo sistematico rifiuto del confronto, testimoniato anche dall'intervento del collega che mi ha preceduto, questa pervicacia nell'avviare qualsiasi forma di ulteriore istruttoria e di approfondimento, nonostante all'evidenza non ci siano né le risorse né un'idea concreta su come distribuirle all'interno delle varie regioni. Abbiamo proposto migliaia di emendamenti per offrire soluzioni concrete e per evidenziare tutte le falle di un intervento normativo che va fermato. Il PD inizia la discussione generale con un appello: fermatevi! Fermatevi, è anche la richiesta accorata di sindaci, famiglie, associazioni che si occupano di interessi diffusi, persino dei vescovi. Non è passato inosservato, ahimè, un assordante silenzio, quello intriso di “ascarismo” da parte dei governatori del Sud, come quello della mia regione, Schifani, o quello della Calabria, silenzio complice di chi piega le ragioni della propria terra a beceri interessi di partito o, peggio ancora, a quelli dell'equilibrio della coalizione. Un “ascarismo” che non sfuggirà alle popolazioni del Sud, che mai come adesso si vedono discriminate e umiliate.
La Lega, il cui nome ufficiale e completo è ancora oggi Lega Nord per l'Indipendenza della Padania, oggi, getta la maschera e ci rivela il suo vero volto. Non serve evocare Pirandello, ma l'autonomia differenziata fa seguito a una serie di interventi per cui non esitiamo a definire il Governo Meloni un Governo contro il Sud. La riduzione del Fondo di perequazione infrastrutturale, i ritardi nel riparto del Fondo per lo sviluppo e la coesione, i tagli del PNRR relativi al Mezzogiorno, il mancato finanziamento del fondo per l'insularità, il boicottaggio delle ZES, in poco meno di un anno e mezzo si chiude il cerchio.
Come già accaduto in Commissione, alimenteremo la battaglia politica in quest'Aula e, se sarà necessario, chiameremo in causa con il referendum anche la volontà popolare. Non vi permetteremo di stravolgere i fondamenti della nostra democrazia parlamentare. Lo dobbiamo alla nostra terra, ai nostri concittadini e, soprattutto, alla nostra storia meridionalista, repubblicana e antifascista.